"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


La Paz: la città dei mercati.

03.09.2000 23:19

Il nome della città di La Paz echeggia, in tutto il mondo, perché è la capitale più alta sulla terra. Proprio per questo il viaggiatore è attratto a visitarla, semplicemente incuriosito di come possa svolgersi la vita in una metropoli "alta" quanto il Gran Paradiso. Per restarne subito impressionati bisogna, però, arrivarci via terra, dalla strada che dall'altopiano del Titicaca porta fino al centro della città. Tutti gli autobus turistici che collegano Copacabana a La Paz, si fermano sulla bretella stradale che corre intorno alla capitale per dar modo all'ospite straniero di scendere ad ammirare e immortalare il grandioso panorama. La città, infatti, sorge, come adagiata, sul fondo di un vasto canyon circolare, a 3650 metri, e si sviluppa sulle pendici, per più di 400 metri, dove si trovano i quartieri poveri. 

Di giorno o di notte, non importa, il risultato è sempre lo stesso. L'incredibile cornice naturale che s'aprirà davanti agli occhi non la dimenticherete. Con la luce si resterà colpiti dalla mole dell'Illimani (6.462mt.), la cima che incombe su La Paz, e dal cielo terso e blu. Di notte sembrerà di trovarsi davanti ad un enorme presepio e facilmente confonderete le luci della città con le stelle del cielo.

La Paz fu fondata dagli spagnoli nel 1548, con il nome di Ciudad de Nuestra Señora de la Paz (Città di Nostra Signora della Pace). All'epoca lo storico Cieza de León la descrisse come: "un ottimo luogo dove trascorrere l'esistenza. Il clima è mite e la vista delle montagne ispira a rivolgere il pensiero a Dio." Noi concordiamo per quel che riguarda l'incantevole posizione, ma per il resto non ci è sembrato un posto cui valga la pena passarci la vita, e il clima è tutt'altro che mite, in ogni periodo dell'anno. Dal punto di vista architettonico le sue chiese non possono fregiarsi dell'appellativo di opere d'arte e se proprio si desidera visitarne una scegliete l'Iglesia de San Francisco. Per gli amanti dei musei è interessante la visita, se non altro per l'originalità, del Museo de Etnografía y Folklore e del Museo del Charango. Nel primo la principale attrattiva è senza dubbio la collezione di tessuti e manufatti del gruppo etnico dei chipayas. Il secondo, allestito nell'abitazione del maestro Ernesto Cavour, espone una raccolta di charango, lo strumento più popolare della musica boliviana. Si tratta di un piccolo mandolino a cinque corde doppie. 
Ben altri sono i musei e le opere d'arte di La Paz: i mercati e la sua gente, oltre agli spettacoli di peñas. Mercati tanti e ovunque. Di tutti i generi. Animati e variopinti, più di quanto si possa immaginare. Ogni barrio (quartiere) ne allestisce uno. Unico inconveniente: la fatica. Girare per i mercati di La Paz richiede un certo sforzo fisico in quanto si passeggia costantemente tra i 3.600 e 4.000 metri d'altitudine. Un consiglio è quello di alternare la visita dei mercati dislocati lungo le strade in salita con quelli delle piazze o avenida del centro, come il mercado Lanza, per esempio. Così facendo si spezza il ritmo camminando, per un po', in piano.

Meglio ancora, interrompere il giro visitando alcuni dei tanti saloni di artesanía (negozi dell'artigianato) dove si possono fare migliori acquisti, per via della qualità dei prodotti, rispetto a quella dei venditori ambulanti dei mercati, in strada. All'interno, uno accanto all'altro, si trovano botteghe specializzate nella vendita dello stesso prodotto, per lo più oggetti in argento, cinture, borse, musicassette e dischi, ceramiche, tappeti e arazzi. Ma nella stragrande maggioranza delle artesanía si vendono articoli di lana, di ogni sorta: maglioni, giubbotti, chullos (berretti), guanti, sciarpe, calze, nonché i caratteristici ponchos, l'indumento tipico dell'uomo andino, e gli ahuayos, i coloratissimi rettangoli di stoffa che tutte le donne tengono a tracolla, per portare la mercanzia e i bambini. I venditori, qui, sono meno disposti a mercanteggiare, ma con un po' di pazienza e arte nel contrattare si riescono ad ottenere, lo stesso, ottimi prezzi. 
La lana d'alpaca è la più pregiata. Di più ancora lo è quella di baby alpaca, particolarmente morbida e soffice. Prestate attenzione però, chiunque cercherà di spacciare la lana d'alpaca con quella di baby alpaca.
Oggi è di nuovo possibile, poi, procurarsi prodotti di lana di vigogna, la più bella del mondo, un tempo riservata a forgiare gli abiti degli imperatori Incas, tornata sul mercato dopo che si è scongiurato il pericolo d'estinzione delle vigogne, uno dei quattro camelidi delle Ande. Ma trovarla resta difficile anche nelle boutique del centro. 

Il più insolito tra tutti i mercati è sicuramente il Mercado de Hechiceria o mercato degli stregoni. Qui, sulle bancarelle, confusi tra i generi alimentari, alcune ceste contengono mucchi di feti di lama essiccati. La gente gli acquista per seppellirli sotto le fondamenta della propria casa o attività commerciale, come offerta a Pachamama. Così facendo si renderà il luogo fortunato e protetto. Aggirandosi nell'area di questo curioso mercato, soffermandosi qua e là, non sarà difficile imbattersi in qualche venditore di pozioni misteriose e di erbe, per curare dolori e malattie, o in vecchie campesiños che vendono strani intrugli di cui vantano straordinari poteri. Più in su ancora, c'è chi vende pietre magiche e infine incontrerete gli yatiris, coloro che predicono il futuro, alcuni dei quali portano ancora, sulle spalle, la bisaccia a due tasche. 
Sembra di spiccare un salto indietro nel tempo e partecipare ad un mercato medievale. 

Verso mezzogiorno andiamo a mangiare uno spuntino al Mercado Lanza, in pieno centro. Questo è uno dei tanti mercati di generi alimentari (frutta, verdura e carne) dove la gente viene anche per consumare un pasto informale ed economico, nei comedor. Nonostante l'affollamento dell'ora di punta, riusciamo a sederci in uno dei microscopici chioschi, assieme ad un gruppo di lustrascarpe. Vorremmo chiedere a costoro, ma non lo facciamo, perché mentre lavorano tengono il viso coperto con un passamontagna? Forse per vergogna? 
Ad ogni modo, è curioso vedere seduti, uno accanto all'altro, il libero professionista, in giacca e cravatta, e il campesiños, con il poncho e l'inseparabile chulla in testa. 
La scelta per mangiare è ampia, c'è di tutto. Noi prendiamo l'ormai cara empanada, chi di pollo, chi di manzo e chi di formaggio, accompagnata con delle piccantissime salse, incredibilmente buone. Come portata principale ordiniamo tre piatti di sajta de pollo (pezzi di pollo con peperoni) e uno di chicharrones (bocconcini di manzo alla griglia), entrambi insaporiti dalle onnipresenti cipolle. Il tutto ad un prezzo ridicolo. 
Terminato il frugale pranzo proseguiamo il nostro giro per i mercati dirigendoci al Mercado Negro brulicante di vita, più di ogni altro. Dall'alba al tramonto l'attività è sempre fervente. Su questo mercato vige una sorta di lasciapassare da parte dell'autorità governative. Infatti, gli articoli in vendita, sono rubati, costruiti clandestinamente ed illegali. Eppure, nessuno interviene poiché provocherebbe una sollevazione popolare. Per i cittadini, di La Paz questo è il mercato per antonomasia: tutti sanno, ma nessuno non fa' niente. Si può acquistare praticamente di tutto: dal grosso impianto stereo al semplice portachiavi, dai sedili per l'auto al pacchetto di sigarette. A differenza degli altri mercati, dove si gira tranquillamente, al Mercato Nero bisogna essere ben guardinghi: la zona è malfamata, famigerata per i continui furti e i borseggiatori (notizie apprese dal nostro albergatore).
Il Mercado de las Flores (mercato dei fiori) è proprio davanti al cimitero. Non è così grosso come ci aspettavamo, per tanto non ci addentriamo nei meandri delle bancarelle. Prendiamo un taxi e proseguiamo per il quartiere di El Alto, il più povero della città. Qui, si tiene il mercato più autentico. Qui, più che altrove, vediamo la gente vestita secondo le vecchie tradizioni. El Alto non è un semplice barrio, ma una città nella città. Subito ci si accorge della differenza. Le donne indossano tutte la chollas e portano, in testa, la caratteristica bombetta. Sono quasi le quattro del pomeriggio, quando arriviamo, e il mercato in parte è già smantellato. Per quanto riusciamo a vedere, tra i venditori che raccolgono la propria mercanzia, nelle coperte o su fatiscenti carretti, gli articoli esposti sono decisamente di scarso valore, il costo bassissimo. Certo non si arriva fino al barrio de El Alto per fare acquisti, ma per viverne l'atmosfera e godere delle impareggiabili vedute di La Paz, dell'Illimani e della Cordigliera Reale. 

Infine le peñas, locali dove, oltre a consumare la cena, si ascolta la musica tradizionale andina. Le orchestrine sono composte dai tre tipici strumenti boliviani: zampoña (flauto di Pan andino), quena (flauto traverso) e charango (mandolino). Non si può lasciare La Paz senza assistere ad uno spettacolo di peñas. Non sarà difficile trovarne una, piuttosto bisognerà scegliere tra le tante pubblicizzate, ma in queste i prezzi sono esorbitanti. Il nostro consiglio è di consumare un pasto in una piccola peñas dove, ad un prezzo decisamente abbordabile, si assisterà, comunque, ad un buon spettacolo musicale, se non, addirittura, più autentico di quelli allestiti appositamente per i turisti. 

Per quanto tempo ancora La Paz manterrà la sua autenticità? Ebbene, nonostante il deciso incremento del turismo, di questi ultimi anni, penso di poter affermare, senza dovermi un giorno smentire, per molto tempo. Non sarà facile per il progresso sradicare La Paz dalle sue abitudini, dalle sue tradizioni e dai suoi costumi. I mercati e la gente ne sono la dimostrazione. Una volta tanto è la modernità ad essere sconfitta. Così, è un vero piacere non dover scrivere di sbrigarsi a visitare un determinato luogo, se si desidera essere gli ultimi testimoni di un tempo che fu. A La Paz per molti anni ancora questo pericolo è scongiurato.

 

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