"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


La surreale Cappadocia

24.08.1995 23:48

Dopo aver goduto della bellezza della costa turchese, ad Alanya lasciamo il mare per dirigerci verso la Cappadocia. Attraversiamo l’altopiano anatolico centrale, il cuore della Turchia, coperto da distese di campi di frumento contornate da lunghe ed alte file di pioppi. Percorrendo strade secondarie, scopriremo città addormentate, lontane dall’occidentalizzazione, dove apprezzeremo appieno la cultura islamica. 


Alla maniera delle carovane dei tempi passati, anche noi ci fermiamo nei caravanserragli per spezzare le lunghe ore di viaggio. I caravanserragli erano i posti di ristoro dei mercanti e viandanti, una sorta d’autogrill del tempo. Oggi molti sono abbandonati, altri sono stati restaurati e, tra tutti, il più bello è senz’altro quello di "Sultanhani", che incontrerete 95 chilometri dopo la città di Konya, sulla strada per Aksaray. Quando sostiamo, anche in posti che riteniamo isolati, frotte di bambini compaiono dal nulla per chiederci piccoli doni, soprattutto penne e quaderni. Riusciamo ad accontentarli grazie alle scorte opportunamente preparate su informazioni ricevute da precedenti viaggiatori. Nei piccoli paesini ci stupiamo nel vedere gli uomini che incontrandosi si salutano dandosi, come noi, la mano per poi mantenerla fino a discussione terminata, o vedere due giovani ragazzi camminare per mano, come una coppia di innamorati. Non bisogna meravigliarsi di questo comportamento, in Turchia è segno di grande amicizia e rispetto. E le donne? Qua e là s’incontrano gruppi di signore non solo con lo chador, il velo che portano sul capo, ma, anche con il viso coperto. Siamo sorpresi perché non pensavamo di incontrarne nell’ormai occidentalizzata Turchia. Lungo il nostro tragitto costeggiamo le sponde del lago di Beysehir, il terzo più grande del paese, dove troviamo tempo e modo per perlustrare almeno una delle sue tipiche spiagge di sabbia nera, un bel contrasto dopo tutte quelle bianche viste nei giorni scorsi. 

A Konya, città dei dervisci ruotanti e secondo la leggenda la prima città ricostruita dopo il diluvio universale, ci imbattiamo nella spiritualità islamica visitando il Mausoleo di Mevlana, inconfondibile per via della sontuosa e troneggiante cupola di smeraldo verde. Mevlana, il più grande poeta mistico dell’Islam, qui sepolto, rende il luogo importante meta di pellegrinaggio. A piedi scalzi e le nostre ragazze rispettosamente a capo coperto, ci confondiamo tra i pellegrini e rendiamo anche noi omaggio al poeta Mevlana immersi in una caratteristica musica devozionale, nel più rigoroso silenzio. Da non escludere, nella visita al Mausoleo, è la stanza attigua dove si possono apprezzare le raffigurazioni in miniatura dei molteplici corani, ivi custoditi, in apposite teche: fini, eleganti e di pregiata fattura artistica sono degli autentici capolavori.

Sarà un gran rammarico per tutti noi non riuscire a vedere i monaci dervisci all’opera nella loro mistica danza rotatoria, famosa in tutto il mondo, che simboleggia il desiderio di volersi staccare dal suolo e liberarsi per aria, fino in cielo. I dervisci, purtroppo, eseguono il rituale solo nei giorni in cui si commemora Mevlana, così dobbiamo accontentarci di sentire soltanto le pur belle melodie che vengono intonate durante le danze.

Enormi oppure piccoli, dai toni vivaci o tenui, semplici o decorati, da preghiera o per uso domestico, di seta, di lana, di cotone o kilim… i "tappeti" sono gli indiscussi protagonisti della vita quotidiana turca, in particolar modo a Konya. Se avete intenzione di comprarne uno, questo è il luogo giusto. E’ impossibile non comprarne uno, i colori e i disegni sono bellissimi e poi, soprattutto, i prezzi sono convenienti. A trecentosessanta gradi non si vedono che botteghe e magazzini all’interno dei quali uomini, donne ed anche, purtroppo, tanti bambini sono impegnati al telaio, nella lavorazione dei tappeti. Immancabile, poi, durante le contrattazioni, il tè all’aroma di mela offerto a tutti i potenziali acquirenti.

L’indomani lasciamo Konya e il nostro viaggio prosegue per la mitica Cappadocia, quell’area intorno alla città di Urgup che riserva un paesaggio fiabesco e surreale, unico al mondo, generatosi milioni di anni fa da violente eruzioni che ricoprirono l’intero altipiano di lava, cenere e fango. In seguito, questo materiale si pietrificò in maniera non omogenea. A modellarlo è stata l’azione combinata dei venti e delle piogge che lo hanno eroso creando stupefacenti canyon, burroni, pinnacoli, coni, ecc., ecc. Il tutto coronato da inimmaginabili città sotterranee (Derinkuyu), chiese rupestri (Goreme) e fortezze (Ortahisar e Uchisar).

La base delle nostre escursioni sarà un suggestivo albergo, ai piedi della fortezza di Uchisar, una costruzione letteralmente immersa nella natura, tanto da confondersi con l’ambiente circostante, a differenza degli scempi permessi, troppo spesso, proprio da società che si ritengono più avanzate e progredite di quella turca. Il giorno del nostro arrivo assistiamo, dall’alto della cima della "Fortezza di Uchisar", al rito quotidiano del tramonto. Il sole calante ammanta di una luce dorata e rosea l’intera regione. Sarebbe imperdonabile perdersi questo meraviglioso spettacolo. Il giorno dopo, il nostro giro inizia dall’isolata valle di Ihlara dove una gigantesca crepa del terreno forma un profondo canyon che, a dire il vero, noi visitiamo per ripararci dal caldo torrido, attirati più dall’ombra delle sue alte pareti che non per la sua bellezza. A proposito del tempo, può sembrare incredibile, ma durante i due giorni di nostra permanenza in Cappadocia, nel primo abbiamo sofferto il caldo, nel secondo, forse, esagereremo se affermassimo che abbiamo sentito freddo, in ogni caso, la temperatura è scesa a 15°C, precisamente, di ben 20°C. 

Dopo la valle di Ihlara è il turno di una affascinante visita alla città sotterranea di "Yeralti Sehri", a Derinkuyu, che è soltanto una delle tante che vi sono nella zona. Queste città, le cui strade sono dei veri e propri cunicoli, per intenderci sul modello di quello delle miniere, avevano depositi per il grano, stalle, camere da letto, cucine, condutture d’acqua e aria, come tuttora si può ancora constatare e facilmente visitare grazie anche ad un ottima illuminazione. Si sono perfettamente conservate e non poteva essere altrimenti data la loro celata esistenza. Furono utilizzate dai cristiani nel VII secolo per sfuggire alle persecuzioni, ma le origini sono ben più antiche. I Cristiani rifugiandosi in queste città nascoste evitarono così il conflitto iconoclastico con Bisanzio. La città sotterranea di "Yeralti Sehri" di Derinkuyu è inimmaginabile! Quanti riuscirebbero a pensare ad una città, di ben otto piani, scavata nelle viscere della terra, più di mille anni fa?

Prima di rientrare nell’albergo, per un sospirato bagno in piscina, andiamo alla fortezza rupestre di Ortahisar. Salendo, attraverso i vari fori della roccia, si possono ammirare favolosi scorci prima ancora dello spettacolare panorama godibile dalla cima, sulla quale sventola ancora, come un tempo, la bandiera turca.

L’indomani ci alziamo di buon mattino per ammirare, questa volta, il sorgere del sole dal belvedere della "Valle dei Camini di Fata", il posto più incredibile di tutta la Cappadocia, un insieme confuso e caotico di rocce a forma di cono e pinnacoli, una miriade di obelischi in pietra. La Valle si apre proprio sul fianco della strada, tra Cavusin e Zelve, e sembra davvero di essere finiti in una favola tanto è fiabesco il luogo. Nel corso della giornata vedremo anche Zelve, le cui abitazioni scavate nella roccia si mescolano così armoniosamente con il paesaggio da farne una di quelle rare aree al mondo dove l’opera dell’uomo pare un tutt’uno con la natura. Al di fuori del sito archeologico di Zelve, nei paraggi del villaggio è facile vedere alcune di queste abitazioni, definite a ragion veduta troglodite, ancor oggi abitate. Nei pressi di Cavusin, poi, s’incontrano delle rocce che parrebbero delle gigantesche meringhe se non fosse per la mancanza della panna. Giungiamo infine al "Museo all’aria aperta di Goreme" un complesso monastico di chiese e cappelle rupestri risalenti al X e XIII secolo, ossia in pieno periodo bizantino e selgiuchide. Gli affreschi conservati all’interno sono splendidi. Anche qui, come in precedenza, chi avrebbe mai detto che all’interno di queste grosse rocce coniche si nascondessero insospettate e stupefacenti chiese rupestri? A Goreme ci sono, addirittura, dei ristoranti scavati nella roccia ad esclusiva riserva dei turisti con più denaro.

La Cappadocia è una attrazione soprattutto paesaggistica, ma molte e notevoli sono pure le testimonianze lasciate dall’uomo. E’, inoltre, terra di tradizioni. Non mancherete di vedere l’antichissimo rito di snocciolare albicocche, poi mese ad essiccare sopra dei lenzuoli posati sul terreno. Se siete amanti del vino, assaggiate quello prodotto nella zona di Urgup dove ogni anno, ad ottobre, si celebra il Festival Internazionale del Vino. Poi tappeti, tappeti e ancora tappeti. Sono ovunque in improvvisate botteghe o rinomati negozi. 

Concludiamo usando le parole di un antico viaggiatore che così descriveva la regione: "La terra gioca in questa parte della Turchia: crea e disfa, disegna ed illumina. E’ la Cappadocia! L’erosione vulcanica ha creato questo straordinario spettacolo della natura. Guardandolo la mente si perde, i confini si confondono: non si è più in Turchia, ma in un mondo segreto, un mondo a parte, così lontano dall’immaginazione eppur vicino alla nostra Italia."

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