"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Petra. Ieri come oggi

15.11.1998 22:00

Scavata in un paesaggio grandioso, nascosta, così com'è, in quelle rupi nelle quali è scolpita, la mitica Petra, la perla dei Nabatei, ha mantenuto intatto nei secoli tutto il suo fascino. I suoi meravigliosi tesori sono rimasti sconosciuti per intere epoche. Fino al 1812 non si sapeva dell'esistenza della città e dei suoi monumenti. I beduini della zona custodivano gelosamente le rovine che utilizzavano come depositi e magazzini per la propria mercanzia. A scoprire la leggendaria "città rosa" fu il giovane viaggiatore svizzero Johann Ludwig Burckhardt. grazie alla sua tenacia. In viaggio tra Damasco ed il Cairo sentì raccontare, dalla gente del posto, dell'esistenza di una straordinaria città, nascosta tra le montagne. La sua indole di esploratore lo portò a cercarla, ma solo la sua tenacia, la conversione alla fede islamica e la conoscenza della lingua araba gli permisero, attraverso un travestimento, di confondersi facilmente con la popolazione autoctona. Tutto questo, però, ancora non bastò. Dovette studiare un espediente per farsi accompagnare sul luogo e si spacciò, quindi, per un pellegrino mussulmano che doveva sacrificare una capra, per un voto fatto ad Aronne, ma solo dopo essersi ben informato dell'esistenza e della posizione della tomba nella valle del Wadi Musa, come egli stesso conferma: la cui tomba sapevo trovarsi al fondo della valle; pensai che con questo stratagemma avrei potuto visitare la valle mentre andavo alla tomba. Assoldò così una guida e si fece accompagnare, correva, come già ricordato, l'anno 1812.


Grazie al lungo isolamento che oggi Petra conserva ancora molti dei suoi monumenti, nonostante i secoli, l'usura del tempo, i terremoti e le tempeste di sabbia. Petra, continua a vivere, ieri meta di pellegrini e mercanti, oggi di orde di turisti. Le carovane, in partenza dall'Oman, con i loro preziosi carichi, trasportati sui dorsi dei cammelli, impiegavano tre lunghi e faticosi mesi prima di raggiungere la città di Petra, dopo aver superato molte insidie e mille difficoltà, come i terribili predoni dello Yemen o le infernali e assolate dune di sabbia dell'Arabia Saudita. Bisognava essere protetti da Dio a non incontrare i primi, e assolutamente non si doveva perdere la via poiché saltare una sola pozza d'acqua significava la morte. Per il viandante di quei tempi Petra doveva equivalere al richiamo ammiccante di una lontana stella cometa e la sua comparsa improvvisa in mezzo al deserto aveva un che di mistico. Dopo duemila anni, Petra, continua ad esercitare un richiamo e un fascino altrettanto irresistibile, ma il viaggio per raggiungerla, per quanto possa essere insolito, è corredato di tutte altre insidie rispetto a quelle dei carovanieri di un tempo.

Noi giungeremo nella leggendaria città in appena due giorni. Partiamo da Malpensa e in circa quattro ore arriviamo a Sharm el Sheik, in Egitto, dove trascorriamo la notte. L'indomani con un autobus percorriamo la buona strada costiera del Sinai fino a Nuweiba e qui salpiamo alla volta di Aqaba, in Giordania. Dopo aver esplicato le formalità doganali, all'uscita del porto veniamo assaliti da un nugolo di tassisti e letteralmente sbattuti a destra e sinistra al fine di essere infilati nel proprio taxi anziché su quello di un altro. L'intervento della polizia doganale, oltreché propizio, è risolutivo e ci fa accomodare sul taxi dell'uomo più anziano. Sarà l'unico fastidio procuratoci dalla gentile e cordiale popolazione giordana. Giunti nella città di Aqaba noleggiamo un'auto e partiamo immediatamente per Petra, nonostante sia ormai buio. Quando arriviamo la maggior parte dei locali sono già chiusi. Sulla via principale, un venditore ambulante di kebab fa ancora girare la carne di montone sulla griglia. Orgoglioso che due turisti possano consumare la sua cucina, c'invita a sedere su due grosse pietre, sul ciglio del marciapiede, e c'imbandisce la tavola, con tanto di tovaglia, sopra ad una cassetta rovesciata. Oltre a mangiare due saporiti kebab a testa avremo modo di fare amicizia con Mohamed, di Amman.

Quale indescrivibile sollievo dovevano provare i viandanti quando raggiungevano Petra. Pagato il pedaggio per l'ingresso alla città, le alte pareti di un fantastico canyon, detto il Siq, la principale via d'accesso a Petra, costituivano una fresca oasi d'ombra. I canali scavati nei muri recavano l'acqua corrente con la quale ci si poteva rinfrescare e bere. Alla fine di novembre il sole tramonta alle 16:30 e sorge alle 06:30, occorre quindi sfruttare al massimo le sole dieci di ore di luce disponibili. Al mattino presto, nel pur mite autunno giordano nel Siq fa freddo. I canali dell'acquedotto, qua e là distrutti, sono ancora ben visibili anche se ormai privi d'acqua, che con un po' di immaginazione si sente e vede scorrere. In fondo, le pareti che si elevano fino a 200 metri d'altezza e restringono fino a 5 metri nel loro punto più stretto sono sempre le stesse. Proprio quando uno inizia a chiedersi se mai finirà il Siq - il canyon è lungo ben 2000 metri, ma consiglio di percorrerlo a piedi - ecco comparire al fondo della stretta gola l'inconfondibile sagoma del monumento più importante e bello di Petra, il Tesoro (Khazneh). Come tutti i monumenti di Petra, scavati nella roccia, l'elemento più affascinante è la facciata alta 40 metri. Le carovane dei commercianti vi arrivavano in lunghe file indiane. Di botto passavano dalla solitudine del Siq all'affollata piazza antistante il khanazet dove si teneva il mercato della città, il vocifero della gente e gli odori di spezie e cibi bruciati dovevano aleggiare nell'aria. Un simile trambusto, di turisti, ce lo aspettavamo pure noi, ma non troviamo nulla di tutto ciò. Sarà l'ora mattutina, sarà il periodo, ma il Tesoro e Petra intera sembrano di nostra esclusiva. Le foto di rito sono ottime sgombre da ogni presenza umana e realizzate nella tenue luce del primo mattino.

Camminando tra le rupi e le rovine si capisce come mai si vendono biglietti validi tre giorni: Petra è enorme. A tutt'oggi, i monumenti censiti sono 800 ed ancora il lavoro degli archeologi non è terminato. Per quanti avessero a disposizione un solo giorno consiglio la salita ad almeno una delle tante alture cui è costituita la città, non tanto per le tombe, le più belle sono nella parte bassa, quanto per i panorami che potrete ammirare durante la camminata. I sentieri sono spettacolari e i passaggi più difficili facilitati da scalini scavati nella roccia. Petra è bellissima. Non scervellatevi a leggere quali sono le tombe più meritevoli, ma mettete da parte le guide turistiche e apprestatevi soltanto a camminare. C'è però un monumento che non deve assolutamente mancare, il Monastero. E' impressionante e sontuoso tanto quanto il Tesoro, ma a differenza del Tesoro questo bisogna, per così dire, guadagnarselo. La salita (partendo da Qasr al Bint) richiede almeno 45 minuti e un dislivello di duecento metri circa. Il monastero è ancor più grande del tesoro essendo largo 50 metri ed alto 45. Di qui, una breve passeggiata conduce ad un grandioso belvedere sul Wadi Araba ben 1.500 metri più in basso, per lo più in territorio israeliano.

E' difficile scrivere di Petra sia per i fiumi di parole che già ispirato che per la normale difficoltà nell'esprimere ciò che si sente, parole che nel nostro caso non riusciranno sicuramente a rendere giustizia a questo posto affascinante ed unico al mondo. Cercheremo quindi di dire due parole sulla vita della popolazione di Petra. Visitarla all'apertura (l'orario è dall'alba al tramonto) significa poter vedere i beduini del posto prepararsi alla nuova giornata lavorativa. Nel 1985 quando fu dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, i beduini lasciarono le tombe e le grotte su richiesta del governo giordano con l'accordo che avrebbero potuto lavorare all'interno di Petra come operai al servizio dei tanti gruppi di archeologi, venditori o continuare a pascolare le proprie capre nelle campagne. L'unica proibizione fu quella di non fermarsi a dormire nel sito durante la notte. Così tutte le mattine i beduini montano ancora le loro caratteristiche tende di lana caprina nera, chi per vendere lattine di coca cola o pepsi, chi articoli di artigianato come le bottiglie di sabbia dai diversi colori, terrecotte o monete antiche. Costoro sono quelli che hanno maggiormente usufruito degli aiuti statali, ma c'è chi ancora resta fedele all'animo nomade beduino ed ama accamparsi all'aperto e a pascolare, pochi in verità. Le guardie dell'esercito chiudono un occhio e lasciano vivere questi ultimi irriducibili. Ne incontrerete nelle zone lungo i sentieri meno battuti della città lontani dalle attrazioni principali, è il caso di Sharif. Vi auspico l'incontro con uno di costoro. Tanti Sharif si aggirano per Petra. Uomini legati alle loro origini e che amano la loro terra. Costoro non si proporranno come guida anzi dovrete essere voi ad insistere per averli come guide e alla fine sarà ancor più difficile ricompensarli.

Lasciamo Petra con un ricordo indelebile: le stupefacenti pareti di roccia striata da innumerevoli colori bianco, bruno, marrone, arancione, viola, nero, blu e carmio, i sontuosi edifici scavati come per magia nella roccia, i suoi impressionanti paesaggi e la sua straordinaria gente, con la strana sensazione che non rivedrò mai più, in nessun altro posto sulla terra, una cosa simile.

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