"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Antartide Il tempestoso passaggio di Drake

20.11.2009 17:26

“Ushuaia fin del mundo” è il cartello che si legge all’ingresso della città ed è senza dubbio significativo. Per la stragrande maggioranza dei turisti la città più meridionale del mondo è il punto d’arrivo del viaggio, per noi, invece, Ushuaia è il punto di partenza per il continente antartico: remoto e lontano tanto che si può metaforicamente considerare al di fuori del mondo. Distante 1000 chilometri dalle coste argentine, le più vicine, 1360 chilometri dalle neozelandesi e addirittura 2250 chilometri da quelle australiane. E’ il 20 di novembre quando ci imbarchiamo sulla Fram alla volta dell’Antartide e se Uhuaia è, com’è, il porto più vicino per raggiungere l’Antartico, arrivarci non è facile perché si deve attraversare il tratto di mare più tempestoso del mondo: il fatidico passaggio di Drake. Da Capo Horn, il punto più meridionale del continente Sud Americano, che segna il confine nord del passaggio di Drake, ci vogliono 440 miglia nautiche (circa 815 km) prima di riconquistare terra, nell’arcipelago delle Shetland del Sud, dove non si vede l’ora di sbarcare, dopo aver salito e sceso le onde dell’oceano ininterrottamente per tutto il viaggio. La traversata dura, condizioni del mare permettendo, quaranta ore; ripeto mare permettendo.
Il passaggio di Drake, per chi marinaio non è, come il sottoscritto, è prima di tutto lungo, molto lungo e soprattutto monotono, tanto monotono. L’orizzonte orfano di terra per così tante ore amplifica la sensazione di noia. Tuttavia, all’andata, il tempo a bordo è trascorso più in fretta di quanto immaginassi e senza che patissi il mal di mare. Alla partenza ero preoccupato essendo un soggetto patologico che soffre facilmente il mal di mare, ma il Transcoop, il cerotto che si mette dietro l’orecchio, si è dimostrato efficace vincendo la nausea che generalmente mi assale fin dal primo momento che salgo a bordo di una nave. Non avvertendo alcun malessere sono perciò riuscito a partecipare all’intenso programma di lezioni tenute dall’equipe di scienziati che ci accompagnano nella nostra spedizione antartica. Poi, c’è da dire, che sulla Fram, rompighiaccio di ultima generazione (costruita dalla Fincantieri nel 2007) e concepita per il trasporto di turisti, gli svaghi non mancano: jacuzzi, sauna, palestra, internet, playstation e bar. Il mio passatempo preferito, ciò nonostante, è stare sul ponte ad accompagnare con lo sguardo uno stormo di procellarie del capo e una coppia di albatros che seguono la nave fin da Capo Horn. Gli albatros, con la loro apertura alare di due metri, volano eleganti, ora sopra alla mia testa, ora a pelo d’acqua; le procellarie sfruttano il vento e senza neppure un battito d’ali superano la nave in tutta la sua lunghezza quindi compiono un largo cerchio all’altezza della prua fiondandosi a poppa, per risalire nuovamente sospinti dal vento. Per tutta la traversata il mare non supererà mai - forza 5. - Più di una volta mi sono domandato se quello era lo stesso braccio di mare che tanti navigatori ed esploratori avevano descritto con toni drammatici. Avevo letto molte relazioni di viaggio sull’attraversamento del passaggio di Drake, di paurose tempeste che s’incontravano appena doppiato Capo Horn e se all’andata queste si erano rilevate infondate, ora, al ritorno, il Drake sembrava congiurare contro di noi. La somiglianza con quei tragici racconti era reale e toccammo con mano la veemenza del mare: - forza 9 - (burrasca) e - forza 10 - (tempesta). …alla legge del Drake non si sfugge!
Il meteorologo di bordo ha previsto condizioni meteo sfavorevoli tanto che l’ultima discesa a terra, a Deception Island, viene annullata, per rientrare il prima possibile. Il 25 novembre doppiate le Shetland del Sud, non appena siamo in mare aperto, una burrasca s’abbatte contro il nostro rompighiaccio. E’ l’inizio di due giorni incessanti di combattimento tra la nave e il mare. Le innocue onde dell’andata si sono trasformate in vere e proprie muraglie d’acqua tali da incutere terrore. Persino la nave più grande al mondo è piccola rispetto alle dimensioni dell’oceano. Figuratevi il nostro piccolo rompighiaccio? E’ difficile da spiegare cosa si prova a trovarsi in balia del mare sterminato ed infinito su una piccola nave le cui onde sono alte come la nave stessa. Qualunque sia la legge fisica che impedisce alle onde di spazzarci via sia questa beata.
Guardando fuori, dalle vetrate, della sala panoramica, la linea dell’orizzonte cambia simultaneamente: ora si vede il cielo, un attimo dopo, si vede il mare. La prua della nave appare e scompare tra le onde che arrivano verticali e imperiose.
L’indomani il bollettino meteo esposto presso l’ufficio informazioni parla di mare forza 10. Stiamo attraversando la linea di convergenza antartica, che segna il limite delle acque polari. Il punto più temuto dai marinai dove il mare è sempre in burrasca quando non è tempestoso! Tutte le porte per uscire sui ponti sono state chiuse. I fragorosi colpi della prua contro le gigantesche onde del mare sono sempre più violenti, oltre che opprimenti. E’ diventata una vera angoscia osservare la nave duellare contro l’oceano, poi la nausea del mal di mare mi assale e costringe a ritirarmi in cabina. Qui le mie inquietudini non cambiano. L’oblò della cabina è colpito continuamente da maestose onde che s’infrangono contro il vetro. Alla fine della giornata finalmente le condizioni del mare migliorano e la nave sembra ora salire e scendere come da una collina, su e giù tra le onde, seguendone fedelmente l’ondulazione. Con il moto ondoso acquietato le porte per andare sui ponti vengono riaperte. Ne approfitto in quanto sono venuto a sapere che all’aria aperta si patisce meno. La giornata è limpida e tersa, ma il vento gelido e sferzante, il radar, sopra la cabina di comando, gira velocemente quasi come l’elica di un aereo. Dopo la salutare boccata d’aria rientro, ma subito tutto sembra dondolare i bicchieri e i piatti, le sedie e i tavoli, le scale e il pavimento; le persone camminano oscillando e traballando, se la paura è scemata non passano, invece, i sintomi del mal di mare: senso di nausea, senso di vomito, sudorazione fredda e profusa.
Al mattino del 27 novembre, ben 50 ore dopo la partenza dalle isole Shetland, avvistiamo Capo Horn e, non appena la nave s’infila nel mare protetto del canale di Beagle, la Fram d’improvviso smette di ballare. In me persistono ancora i disturbi correlati al mal di mare.
Alle ore 09.00 caliamo l’ancora al porto di Ushuaia. L’attraversata è compiuta. Prima di imbarcarci sull’aereo per Buenos Aires un giro a piedi per Ushuaia è un tocca sana dopo le tremende ore di navigazione. Il mio corpo non ha ancora recuperato il giusto grado di equilibrio. Fermo e immobile all’ufficio postale mi sembra invece di altalenare, mi porto addosso le conseguenze della battaglia con il Drake, ma posso almeno dire di conoscere cos’è il tempestoso passaggio di Drake.

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