"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Etosha National Park

16.02.2002 18:05

Arriviamo all’ingresso del parco poco prima del calar del sole. I cancelli sono ancora aperti, ma i ranger c’impediscono l’entrata in quanto non abbiamo il tempo materiale per giungere a Okaukuejo Camp, prima della chiusura. Proviamo ad insistere, ma non c’è niente da fare. Se non avessimo prestato soccorso ad una famiglia, rimasta senza benzina, sulla strada per Outjo, probabilmente saremo riusciti a rispettare il nostro serrato programma di viaggio, ma poco importa. Abbiamo compiuto una buon’azione e scambiato qualche parola con della gente del posto.

Facciamo, allora, retromarcia per dirigerci al Naua Naua Lodge di cui avevamo visto la piccola insegna all’andata, ma prima di partire, gli stessi ranger, che soltanto poco prima non si erano dimostrati troppo gentili e, tanto meno, permissivi, attirano la nostra attenzione gridando < Slow! Slow! > e facendo al contempo ampie gesta con le braccia. Subito non ne capiamo la ragione, la strada è diritta, bene asfaltata e non c’è anima viva… Sarà, forse, perché è buio? Infatti, è buio pesto e non c’è neppure la luna, a chiarire un po’ la nottata. Sembra di essere su un sentiero di montagna in mezzo ai boschi, dove il sentiero è la strada e il bosco è la savana. Dopo soltanto un chilometro comprendiamo le raccomandazioni. La strada è piena zeppa di animali: antilopi, lepri e tante civette. Ecco perché bisogna guidare piano!. Le civette sono uno spettacolo. Abbagliate dai fari dell’auto restano impietrite in mezzo alla strada per alzarsi in volo solo all’ultimo momento, per evitare di essere schiacciate. Non esagero ad affermare che ne avremmo fatte spostare una trentina. Pregustiamo, un po’, il sapore di un safari, per di più, notturno. Io sono concentrato a non investire nessun animale, Mavi e Ilaria eccitate dall’insolito spettacolo… tant’è che finiamo per non vedere il cartello del lodge. Ritorniamo, quindi, per l’ennesima volta indietro, prestando attenzione, stavolta, oltre che agli animali, al cartello o a qualche luce elettrica, segno della presenza del lodge, che finalmente troviamo. Alla reception non c’è nessuno, il personale e i pochi ospiti sono tutti a cena e quando ci presentiamo nella sala siamo accolti con stupore. "E’ tardi e a quest’ora i turisti, di solito, non arrivano più!" Consumiamo la cena ancora elettrizzati per quanto accaduto. Pensiamo a quando narreremo quest’episodio a casa, ai nostri cari o ai nostri amici: non ci crederanno, eppure è vero!
Finito di mangiare ci accompagnano nella camera, una piccola villetta in mezzo alla savana, dove ben presto ci accorgiamo di non essere gli unici ospiti. Nonostante le zanzariere i muri e le pareti sono affollate da grossi ragni. Le mie due compagne di viaggio trovano rifugio sotto la zanzariera, opportunamente portata da Ila io, invece, dormirò allo scoperto sotto un nugolo di ragni.

Il giorno seguente nessun animale è sulla strada o nelle vicinanze. Oltrepassata la porta del parco e imboccata una strada con il fondo di ghiaia (come tutte quelle del parco, del resto), ci imbattiamo subito in un branco di zebre. Sono ferme sulla strada e per un po’ ci impediscono di proseguire. Poi è la volta di un gruppo di springbok (antilope saltante).
Siamo in estate, in piena stagione delle piogge, che tradotto in numeri significa non più di 100 mm di pioggia, nel corso di tutto mese. Seppure poche le precipitazioni sono però sufficienti a creare tante piccole pozze d’acqua, un po’ ovunque. Non è, quindi, il periodo indicato per un safari nel parco di Etosha, ma se sarà come dice il proverbio < chi ben incomincia e a metà dell’opera > allora … Prendendo spunto dal proverbio proferito, per caso, diamo inizio ad un nostro classico gioco, ossia a chi conosce più proverbi. 
All’Halali Camp, una volta sistemati e ricevuti gli opportuni suggerimenti da un ranger, partiamo per il safari vero e proprio verso una zona a nord del parco dove ieri hanno avvistato dei leoni. Ha inizio la nostra caccia fotografica. Sul tragitto ancora zebre e springbok, sembra non ci siano altri animali che questi. Dei leoni, infatti, nessuna traccia. La delusione è però alleviata, poco dopo, quando assistiamo ad un parto di una femmina di springbok. La madre, a non più di sei, sette metri da noi, resta vigile alla sua creatura, nient’affatto intimorita dalla nostra presenza. Assistiamo alla scena per quasi un’ora, fin a quando il piccolo all’ennesimo goffo tentativo di alzarsi finalmente vi riesce. 
Nel frattempo si è fatta l’una e in pieno giorno, in Africa, l’aria scotta come una fiamma. Torniamo al campo e per scampare al caldo ci concediamo un tuffo di refrigerio nella piscina. Le ore dopo il mezzogiorno e del primo meriggio sono le meno propizie per gli avvistamenti; anche gli animali, come noi, cercano di ingannare il calore cercando riparo all’ombra della savana.
A metà pomeriggio usciamo di nuovo. La savana sembra essersi svegliata e riempita di misteri. Giungiamo ad una pozza d’acqua dove restiamo fermi per un po’. Così facendo scorgiamo, in successione, venire ad abbeverarsi, delle zebre, cinque orici, una giraffa e una famiglia di struzzi composta da padre, madre e dodici piccoli.
Proseguiamo il safari lungo una pista, denominata rhino, con la speranza di avvistare un rinoceronte nero, per cui il parco di Etosha è famoso, in tutta l’Africa. Ne ospita infatti circa 300 individui. Un rinoceronte, seppur da lontano, lo vediamo, è da solo e resterà immobile come un tronco per tutto il tempo che sostiamo ad osservarlo.
Ritorniamo al campo con la consapevolezza che la savana tutt’intorno è viva e abitata. Peccato non avere un altro giorno. Per un safari non c’è niente di peggio della fretta.

Al calar del sole prendiamo posto su una delle panchine ubicate sul kopje (piccola collina composta da un cumulo di massi che s’innalza dalla pianura) di Halali. Un grande faro illumina, a giorno, una pozza d’acqua artificiale dove gli animali vengono ad abbeverarsi al crepuscolo. E’ una bella sera, limpida e calma, persino un po’ fresca. Le prime stelle stanno comparendo nel cielo ancora chiaro e sereno, mentre il mondo della savana è già sprofondato nel buio. Dopo il caldo e la luce insopportabili del giorno, il fresco e l’oscurità del tramonto sembrano impossibili.
Restiamo più di un’ora, ma di animali neppure l’ombra. Dal buio una melodia rigogliosa si fa’ sempre più intensa fino a trasformarsi in un vero e proprio concerto, inscenato da centinaia di uccelli. Ci tiene compagnia, Di tanto, in tanto s’interrompe, ma per riprendere, di colpo, immediatamente dopo. 
La notte ad Halali, nel cuore del parco di Etosha, è suggestiva. La presenza degli animali, là subito oltre il muro di cinta, conferisce al campo un carattere, di non so che, di particolare. Il mondo della savana ti circonda e avvolge e non si riesce proprio a fare a meno di ignorarne la presenza. 

Il giorno seguente intravediamo della polvere davanti a noi, lungo la strada. Poco dopo, quando il paesaggio si apre, vediamo all’orizzonte questa nuvola di polvere muoversi. Pare un miraggio, ma a guardar bene si tratta di un grosso branco di springbok, in spostamento. Il gruppo sarà composto da diverse centinaia di esemplari, i quali camminano placidi ed affiancati, in lunga fila. Nel mezzo si vedono, qua e là, saltare in spettacolari salti verticali, i più giovani. Sembra di assistere ad una migrazione.
A mattina ormai inoltrata, nel folto della savana vediamo il taurotrago, un antilope che non si incontra di frequente nell’Etosha. Si contraddistingue per essere la più grande tra le antilopi - può raggiungere anche i 170 cm d’altezza - per il bel paio di corna e il mantello grigio chiaro striato di bianco. Lo vediamo sbucare dai cespugli e uscire nella radura, insieme ad un esemplare più giovane.
In prossimità di un piccolo lago troviamo un incredibile varietà di uccelli, che farebbero la felicità degli amanti del birdwatching. Peccato non essere un intenditore per distinguere le diverse specie. Tra i tanti ci colpiscono, per quantità, degli uccelli che sembrano appartenere alla stessa famiglia, alti 50, 60 cm, tutti rigorosamente a terra, alcuni dal delicato color grigio e altri neri da capo a piedi.
Prima di lasciare il parco siamo deliziati da un ultimo spettacolare incontro, quello con un gruppo di giraffe, circa una trentina, tra grandi e piccoli. Subito ne scorgiamo soltanto due intente a cibarsi di foglie di acacia, proprio sulla strada. Ci fermiamo per osservarle, nel frattempo vediamo spuntare dagli alberi, i lunghi colli, di altre quattro. Infine l’intero gruppo abbandona il piccolo bosco, per attraversare, tutte insieme, la prateria.

Ho descritto gli incontri più emozionanti, ma per dovere di cronaca e di quanti fossero interessati a compiere un safari all’Etosha Park, nel mese di febbraio, elenco, gli animali che abbiamo avvistato nei due giorni trascorsi nel parco: giraffe, manguste, sciacalli, suricati, antilopi roana, cervicapra, gnu, impala, kudu maggiore e molte specie di uccelli.
A mesi di distanza questo safari vive ancora nella nostra memoria e credo lo resterà a lungo. L’essere andati per la savana senza ranger, ma soli, per conto nostro, ci ha senz’altro impedito di vedere molti più animali, ma l’eccitazione di scoprire quei pochi, per conto proprio, è di per sé un’esperienza impagabile che ci rimarrà cara.

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