"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Gorakphur Express: l'India vista dal finestrino di un treno

26.08.1999 23:05

Il treno si chiama "Gorakhpur Express", parte dalla città di Bombay alle sei e trentacinque del mattino ed arriva a Varanasi alle dodici e cinquantacinque del giorno dopo, percorrendo 1.487 chilometri in trenta ore e venti minuti, ma questo è l’orario ufficiale. Non contateci. Il treno non arriva mai puntuale. In realtà bisogna mettere in conto, ad essere ottimisti, almeno due ore di ritardo che il treno inevitabilmente accumula durante il lento procedere e il lungo tragitto. Quanti riescono ad arrivare a Varanasi dopo trentatré ore e rotte di viaggio, così com’è capitato a noi, all’invidiabile media di quarantacinque chilometri l’ora, devono considerarsi ben fortunati. 


Alle quattro e quarantacinque in punto abbiamo appuntamento con lo stesso tassista, che ci ha accompagnato per Bombay, nei giorni scorsi. Lo troviamo In strada, puntuale, proprio davanti alla porta dell’hotel. Sohail sta’ dormendo sulla capote della sua auto. Per svegliarlo dobbiamo scuoterlo più di una volta. Nella notturna Bombay, lungo le ampie strade deserte, ancora una volta colpiscono le migliaia di senzatetto che dormono all’aperto, chi su di un pericolosissimo spartitraffico largo appena trenta centimetri, chi sotto le proprie bancarelle e chi, semplicemente, sul marciapiede.

Arriviamo alla stazione di "Dadar" alle cinque e trenta. Il convoglio è ancora, in gran parte, vuoto, ma sta cominciando a riempirsi. Il treno è lunghissimo e domandiamo al capostazione dove si trovano le carrozze letto. Costui ci indica con la mano la testa del treno. Con gli zaini in spalla ci avviamo lungo la banchina, accorgendoci di essere gli unici stranieri presenti. All’altezza del penultimo vagone, finalmente, leggiamo, su di un foglio sgualcito e appiccicato con dello scotch i nostri quattro nomi scritti a mano, in mezzo a tanti altri, tutti di indiani, a conferma che siamo i soli turisti. Prima di partire, acquistiamo da un venditore ambulante dei biscotti, alcuni pacchetti di patatine e due bottiglie d’acqua (Bisleri), tutto il nostro cibo fino all’indomani. Aspettiamo la partenza, seduti su una panca della banchina, preoccupati di come far trascorrere il tempo durante il viaggio. "Non succederà molto lungo le trenta e più ore su questo benedetto treno…" è quello che ognuno di noi sta pensando. Il primo segno che saremo smentiti l’abbiamo quando vediamo saltare, dalla carrozza del treno di fronte al nostro, un topo delle dimensioni di un gatto. Impariamo, così, una regola d’oro: in India non ci s’annoia mai. In ogni istante del giorno può succedere qualsiasi cosa. 

Alle sei e trentacinque, in perfetto orario, partiamo. Il "Gorakhpur Express" lascia la città di Bombay a passo d’uomo. Impiegheremo più di un’ora prima di vedere, dai finestrini, la campagna indiana. Quanto già incominciato a sospettare che il viaggio, tutto sommato, non sarebbe stato troppo snervante giungono le prime conferme. Uscendo da Bombay restiamo esterrefatti da come i treni dei pendolari siano sovraccarichi di passeggeri, gente aggrappata a chi è già a sua volta aggrappato alle porte del treno. Capiamo come le linee ferroviarie indiane detengano il triste primato di essere le più mortali del mondo.

Che cosa dire, poi, della miseria e sporcizia, della baraccopoli alla periferia di Bombay, che ben si percepiscono dal finestrino di un treno, figuriamoci ad osservarle dal di dentro? Si vedono così tanti adulti e bambini fare i loro bisogni ai bordi dei binari, indifferenti uno dell’altro che dopo una ventina di minuti nemmeno noi ci facciamo più caso. Quante cose attirano i nostri sguardi e pensare che siamo appena partiti! Stanchi di tenere il naso contro il finestrino del treno passiamo in rassegna l’intero vagone e il nostro scompartimento. Le informazioni prese prima del viaggio si rivelano giuste, con la sola eccezione riguardo alla carrozza ristorante, che non esiste. Eppure nel prezzo del biglietto, il cui costo, per una cuccetta in seconda classe, è di 1.602 rupie (71.500 lire), sono compresi anche i pasti. Così è, in effetti, solo che per "pasti" s’intende una tazza di te per colazione e un piatto di verdure crude, senza condimento, tanto a pranzo quanto a cena, tutto servito direttamente al proprio posto.

Il "Gorakhpur Express" ha un solo vagone letto di prima classe e uno di seconda, per il resto sono tutte carrozze per passeggeri di prima, seconda e terza classe. Durante il giorno, naturalmente, le cuccette si ripiegano in modo tale da diventare dei normali sedili. Ah, dimenticavo, sul vagone c’è l’aria condizionata. La sola differenza tra le cuccette di prima e seconda sta’ nel fatto che le prime sono a due letti, le seconde quattro. Non bisogna aspettarsi alcunché di lussuoso, anzi. Per essere in India, tuttavia, la pulizia è discreta e le lenzuola fornite sono decorose e persino profumate. I servizi, in comune per tutti i passeggeri della carrozza, non sono meno sporchi di quelli italiani, sicuramente molto più larghi. Peccato soltanto che siano alla turca. Una curiosità è quella di essere completamente separati dal resto del treno. Delle pesanti porte, chiuse rigorosamente a chiave con tanto di catena e lucchetto, impediscono il passaggio tra le carrozze. Sembrerebbe che sui treni la rigida divisione in caste, in cui è strutturata la società indiana, sia rigorosamente rispettata. 

Alle fermate delle stazioni, scendendo tastiamo personalmente le indegne condizioni di viaggio alle quali sono costretti i passeggeri della terza classe. Visti da lontano i vagoni di terza classe sembrano un carichi di bestiame. Avvicinandoli l’aria si fa irrespirabile. I finestrini hanno sbarre di ferro al posto dei vetri, la confusione e il chiasso al loro interno si possono solo immaginare. La pioggia, l’elevato tasso d’umidità e il caldo soffocante fanno il resto. Non credo di esagerare se affermo che mi è sembrato di vedere un documentario sui deportati della seconda guerra mondiale Quando, ad una stazione, la nostra carrozza si ferma proprio in corrispondenza di un vagone di terza classe di un altro treno, non abbiamo neppure il coraggio di guardare le tristi facce delle donne e dei bambini, accalcati l’uno sull’altro. Passeremo facilmente per insensibili, ma un viaggio col treno, per quanto scomodo, interminabile e tutt’altro che divertente, è certamente un’esperienza davvero unica ed insolita. Vale veramente la pena, un viaggio in treno, in India.

A guardare l’India dal treno l’orizzonte sembra infinito. 

Attraversiamo in successione gli stati del Maharashtra, Madhya Pradesh e Uttar Pradesh. 

I campi sono spesso allagati per causa del monsone e rallentano ulteriormente il flemmatico avanzare del treno. Distese di banani si alternano a pianure verdi brillanti; grossi e disordinati centri urbani si intervallano a piccoli e desolati villaggi di campagna. Da questi ultimi, frotte di bambini, in maggioranza scalzi e nudi, di corsa, si precipitano a salutare il passaggio del treno, correndovi dietro fin quando resistono. 

Tra i campi, prestando attenzione, si riescono a scorgere in mezzo al verde i colori sgargianti dei sari delle donne indiane, intente al lavoro di raccolta.

Di tanto in tanto si materializza una scena di altri tempi ossia quella di uomini che portano l’aratro trainato da una coppia di buoi. Sovente il treno sembra fermarsi in mezzo alla campagna, ma in realtà basta sporgersi da uno dei due lati per accorgersi della presenza di una minuscola e sperduta stazione, senza neppure la banchina. La gente ne approfitta per scendere dal treno a sgranchirsi le gambe. Tutte queste scene le vediamo restando comodamente seduti sulle scale del treno. Avete letto bene! E’, un po’, come essere in un safari fotografico dove non sono gli animali, ma la vita quotidiana dell’India e il suo paesaggio, ad essere immortalati.

Nel frattempo è sopraggiunta la sera e, quindi, anche l’ora della cena, uguale identica al pranzo e che, come il pranzo, saltiamo. Cece procede ad una sorta di divisione dei pani e dei pesci senza però compiere il miracolo di raddoppiare i cinque biscotti rimasti, un mezzo pacchetto di patate speziatissime e un’ultima bottiglia di mirinda lemon. 

Prima di andare a dormire conversiamo con alcuni indiani benestanti che viaggiano sulla nostra stessa carrozza con i quali, ormai, siamo diventati amici. Uno in particolare, il signor Himesh, un ingegnere di Bombay, ci terrà alzati fino a notte inoltrata interessato a conoscere la società italiana e il livello di vita del nostro paese, come noi altri del suo. Si discute di famiglia, di donne, di salari e lavoro, di scuola e politica, insomma di tutto. Himesh è stato un interlocutore prezioso che ci ha permesso, nella prosecuzione del nostro viaggio, di capire molti aspetti della società indiana che diversamente, forse, non saremo stati in grado di comprendere. Quando andiamo a dormire sono le tre passate, e dire che avevamo il timore di annoiarci perché non sarebbe successo molto sul treno.

Stanchi per la lunga ed intensa giornata dormiremo, tutti e quattro, come sassi. Al mattino sarà Himesh a darci la sveglia, bussando alla porta del nostro scompartimento, desideroso di dialogare ancora con noi. Alla fine del viaggio ci siamo completamente ricreduti. I treni, in India, non rappresentano un normale e semplice mezzo di trasporto, ma costituiscono un luogo privilegiato per conoscere alcuni aspetti dell’India più autentica. Per quanti amano viaggiare il "Gorakhpur Express" che collega Bombay a Varanasi, recita e rappresenta ancora un irresistibile fascino.

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