"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Il ruggito delle Cascate Vittoria

23.11.2006 20:30

Il trasferimento da Kasane (Botswana) a Victoria Falls (Zimbabwe) dura un’ora e trenta minuti tenendo conto anche del tempo perso in frontiera dove ci applicano senza problemi il visto d’ingresso. La strada è in buone condizioni ed è ingombra di babbuini che vediamo, per tutto il percorso, ai bordi della carreggiata. Giunti a Victoria Falls ci si rende immediatamente conto che si tratta di un’opulenta anomalia in una zona d’Africa povera e affamata. Tutto è esageratamente turistico, come il fantasmagorico centro commerciale Pavarottis pieno zeppo di negozi lussuosi, raffinati ristoranti e sale per il gioco d’azzardo ad uso e consumo esclusivo dei facoltosi turisti. Completano il quadro grandi banche, ristoranti turistici, negozi alla moda e sfarzosi hotel. Per le strade della città uomini di colore elegantemente vestiti, quasi tutti portieri e facchini di alberghi, stonano con il resto della popolazione in maggior parte mal vestiti. Ricchi sfaccendati, locali e non, e le comitive di occidentali stridono con la popolazione miserabile. All’ingresso delle cascate c’è un mega parcheggio per i pullman oltre a una colossale biglietteria. Ma fortunatamente la città di Victoria Falls non ha niente da spartire con i suoi celebri salti d’acqua.

A forza di viaggiare per il mondo mi sono fatto un’idea di quanto sia stata previdente “madre natura” nel corso dei millenni distribuendo uniformemente in vari luoghi della terra, quasi a voler accontentare tutti, una delle sue tante e straordinarie bellezze. Le famose cascate Vittoria sono così il contributo dello Zimbabwe alla lista delle meraviglie del mondo. Non importa se a piedi lungo i sentieri, dall’alto con l’elicottero o dal basso in barca, quale che sia la maniera in cui si visitano le Cascate Vittoria non deludono mai. Della grandiosità e bellezza si legge in tutte le guide. Ma vederle di persona è tutta un’altra cosa… Si resta immediatamente stregati dal loro fascino rimasto pressoché intatto a quello della loro scoperta. Sono state sapientemente risparmiate alla spregiudicatezza edilizia e turistica rimanendo così in un contesto ambientale e naturale primordiale. Non sarà difficile avvertire le stesse emozioni provate da David Livingstone nel 1855, quando le scoprì e così le descrisse nei suoi diari: L'incensante ruggito delle cateratte, il loro flusso perpetuo rompono il silenzio della foresta […] spalanco gli occhi e mi trovo di fronte all'Eden; il sole del mattino ammanta d'oro queste colonne d'acqua che sembrano fumo con i colori ardenti di arcobaleni doppi e tripli. Resoconto non casuale in quanto le cascate erano già note alle popolazioni locali con il nome di Mosi-oa-Tunya, il fumo che tuona, ma Livingstone le ribattezzò con il nome dell'allora Regina d'Inghilterra, la Regina Vittoria. Tuttavia una cosa manca rispetto a come dovevano essere un tempo, se la flora è rimasta intatta purtroppo la fauna è completamente sparita, essendo stata recintata l’intera aria per l’incolumità dei visitatori, perciò oltre al frastuono delle cascate non si sentiranno i rumori degli animali, il barrito dell’elefante o il ruggito del leone tutta al più si sentirà il ronzare delle zanzare.

Pochi minuti di cammino bastano per lasciarsi alle spalle la modernità e iniziare a sentire, in principio un bisbiglio appena percettibile, poi un sibilo sempre più vicino e chiaro, infine un impetuoso clamore quello delle cascate, appunto, per il momento non ancora visibili, ma ancora nascoste dalla vegetazione. La loro spettacolarità è dovuta proprio alla particolare geografia del luogo nel quale sorgono, una gola profonda e stretta, in cui il fiume Zambesi, che fin qui si fa strada attraverso paesaggi selvaggi d’improvviso non trova più la terra ed intralci e si getta nelle gole. Il fronte delle cascate è molto lungo, più di un chilometro e mezzo, mentre la loro altezza media è di 128 metri. Lo Zambesi non è in piena, ma proprio per questo le nuvole di vapore sono meno intense del solito permettendo buona visibilità e ottime fotografie. Dopo quindici minuti di cammino si raggiunge Danger Point il punto più orientale delle cascate, da dove imboccando un sentiero secondario si può raggiungere un belvedere sullo Zambesi Bridge, il ponte che collega lo Zimbabwe con lo Zambia. A Danger Point (punto di pericolo), senza alcuna protezione a differenza degli altri punti panoramici, la vista spazia dal fiume Zambesi, 100mt più in basso, fino a tutta la gola che si vede longitudinentalmente. Da qui si prosegue verso ovest. Le rocce affiorano tra una cataratta e l’altra dando origine a diverse cascate che un sentiero, con tante brevi diramazioni, permette di ammirare portando a dei punti panoramici posizionati esattamente davanti ai singoli salti d’acqua. Non saltatene neppure uno perché cascate spumeggianti e forre verdi sono visibili di volta in volta in prospettive sempre nuove e diverse. Dalla parte dello Zimbabwe, naturalmente, le vedute sono sulla sponda del fronte dello Zambia. All’incirca a metà percorso si prosegue in mezzo alla foresta pluviale, il caldo umido non cessa, ma almeno non si sente più battere il sole a picco sulla testa. I raggi del sole penetrano nella gola che a contatto con le nubi e gli spruzzi d’acqua originano incantevoli arcobaleni. Il fragore delle cascate accompagna lungo tutto il percorso e quando non si vedono si sentono. Giunti alla statua di Livingstone subito dopo si trova la scalinata che scende a Cataract View, spettacolare belvedere che a dispetto degli altri è ubicato pressappoco a metà gola. Sembrerà davvero di trovarsi di fronte all’Eden terrestre.

Se la fauna è pressoché assente, là dove sarebbe più ovvio trovarla, in mezzo alla selvaggia vegetazione delle cascate, appena fuori del cancello dell’uscita ci imbattiamo in cinque grossi babbuini e altri ancora ne vediamo nel parcheggio antistante l’elegante Victoria Falls Hotel. Queste grosse scimmie girano indisturbate per la città, finché qualcuno non gli corre dietro, bastone in pugno, per spaventarle, quando si fanno troppo ardite e s’avvicinano minacciosamente all’entrate dei ristoranti o degli alberghi. A metà pomeriggio, al Pavarottis, beneficiamo dell’aria condizionata dei suoi ambienti, un vero toccasana per i nostri fisici disidratati dall’opprimente umidità patita durante la visita alle cascate. All’interno del centro commerciale è ben lampante la crisi monetaria del dollaro zimbawese; per invogliare i clienti a pagare in dollari (moneta forte) il prezzo di un prodotto s’abbassa anche fino al 65% del suo valore. I prezzi sono esposti, per tanto, sia in dollari zimbawesi che in quelli americani, risparmiandovi di fare i sempre complicati calcoli dei cambi con la calcolatrice. Il dollaro zimbawese d’altronde non vale niente, le banconote riportano addirittura stampata una data oltre la quale la moneta non ha più nessun valore. Se proprio si vuole cambiare in moneta locale il suggerimento è di farlo al cambio in nero, con gli annessi e connessi che un simile gesto implica. Consumata una bottiglia di coca cola e mangiato uno spuntino la nostra visita prosegue ora per il centro cittadino di Victoria Falls.

Per strada, oltre ai già citati babbuini, s’incontrano animali domestici come gli asini, le pecore, i cani e i gatti tutti alla ricerca spasmodica di cibo tra le immondizie. Al kurio market le litanie infinite dei venditori ambulanti ci accompagnano per tutto il mercato, se rivolgete un semplice - How much? - a qualcuno sarete inseguiti finché non acquisterete la merce per sfinimento. La ferrovia che taglia in due il paese raccoglie lungo i binari la maggior quantità di rifiuti, bottiglie d’acqua, lattine, carte di sigarette e di caramelle oltre al fetore di feci di animali e umane. Nella città in piena espansione commerciale le strade luride, ad eccezione delle cascate e dei parcheggi dei lussuosi alberghi, sono il prezzo da pagare di una florida economia che alla sporcizia locale accumula e aggiunge quella causata e portata dall’occidentale. Forse è anche per questo che la popolazione locale è meno cordiale rispetto ad altre zone dell’Africa perché a forza di avere a che fare con l’uomo abbiente, ricco e facoltoso ne ha assorbito i difetti ed è divenuta scaltra, avveduta e furba perdendo le qualità che ho sempre riscontrato nel popolo africano la semplicità, la fierezza e soprattutto l’ospitalità che fanno di questi popoli uomini veri e autentici preservati dai mali delle società rapaci e materialiste

Consumiamo cena, su consiglio del proprietario del Pamushia Lodge, presso cui alloggiamo, da “Mamma Africa” ambiente raccolto e in stile, dove mangiamo molto bene e assistiamo nel frattempo all’esibizione di un gruppo musicale che suona performance di Leonard Dembo, uno dei più famosi musicisti del paese conosciuto anche fuori dei confini nazionali. Il ritmo è avvolgente e incalzante tanto che il giorno dopo acquisto un suo cd. Ulteriore cattivo esempio ereditato dal mondo civilizzato è la criminalità. Di notte la delinquenza perversa a Victoria Falls, molte persone vedono l’opportunità di un facile e redditizio guadagno a dispetto di poca fatica. Per rientrare ai propri alberghi ogni singolo turista è scortato. Così avviene anche per noi. Un minibus viene a prelevarci direttamente al ristorante, vige una sorta di coprifuoco, in quanto è pericolosissimo girare da soli al calar del sole. I poliziotti sono ovunque a salvaguardia del turista.

Ecco Victoria Falls anomalia dell’Africa Nera che è riuscita almeno a preservare i suoi meravigliosi salti d’acqua dall’industria turistica.

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