"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


La costa turchese

20.08.1995 20:45

Il nostro incontro con il mare avviene a Marmaris, una sorta di Rimini turca. Da qui ha inizio il lungo tratto di costa meridionale della Turchia, bagnato dalle acque del Mar Mediterraneo, che arriva fino a Samandag, sul confine con la Siria. Si tratta della "costa turchese", più di mille chilometri di impareggiabili insenature, baie, calette, scogli, spiagge, sabbia e isole. Noi percorreremo soltanto un tratto, fino ad Alanya, poco più di 500 km, comunque, sufficienti per cogliere i motivi che spingono il viaggiatore fin qui: scoprire paesaggi incontaminati, immergersi in una natura ancora intatta, bagnarsi nelle acque chiare e trasparenti dei litorali, imbattersi in sorprendenti vestigia greco-romane… E’ vero, si è ben lontani dall’Islam più autentico, ma s’incomincia, per lo meno, ad individuarne alcuni importanti segni anche se quando arriviamo a Marmaris, niente di più di una cittadina portuale con negozi alla moda, spiagge affollate, notti frenetiche, l’influenza della nostra cultura è totale. Giusto il tempo di sistemarci in albergo e togliere, a Cece, in una delicata operazione, le spine di un riccio marino, sul quale, soltanto un’ora prima, aveva posato inavvertitamente il proprio piede - maledirà per tutta la vacanza il bagno fatto nelle acque della baia di Marmaris – e ci tuffiamo, non più in acqua, bensì tra i vacanzieri della città. Mentre ci aggiriamo tranquillamente tra le affollate vie, i proprietari delle bancarelle ci costringono a fermarci per guardare la loro mercanzia. I gelatai, poi, sono uno spettacolo: si esibiscono in mille acrobazie per servirci semplicemente un cono gelato (provare per credere). I camerieri c’invitano nei ristoranti, i barcaioli del porto ci propongono esilaranti gite in mare, alla fine, combinazione, ci ritroviamo seduti in una lokanta (tipico locale del lungo mare di Marmaris) davanti a un abbondante piatto di pesce fresco e i biglietti per un’escursione in barca, in mano, per il giorno seguente.


Dopo un mattiniero bagno nelle calmissime acque di Marmaris c’imbarchiamo per uno degli isolotti prospicienti il villaggio di Dalyan poiché qui vive una rara specie di tartaruga marina, in via d’estinzione. Non riusciremo a vederla. Giunti a Dalyan risaliamo, tra canneti e paludi, il delta del fiume. In questo ambiente nidificano gli aironi e soprattutto si possono ammirare, seduti comodamente sull’imbarcazione e da una prospettiva privilegiata, le spettacolari tombe rupestri, scavate interamente nella roccia, della necropoli Licia di Kaunos. Nell'ora di pranzo ci fermiamo su di una delle tante lingue di sabbia dorata che emergono appena dal mare, dove consumiamo il pranzo al sacco e godiamo della bella giornata di sole sdraiati sulla sabbia. Proseguiamo, quindi, per una spartana stazione termale dove ci concediamo dei rilassanti fanghi curativi. Durante il ritorno assistiamo, sul nostro battello, ad uno spettacolo di danza del ventre molto particolare. Un uomo travestito da donna si esibisce, al ritmo di una frenetica musica orientale, coinvolgendo gli spettatori allibiti per il fatto che sale sulle loro spalle ad agitare energicamente il ventre.

Il giorno seguente riprendiamo il viaggio lungo la costa. Nei pressi di Fethiye deviamo verso la città abbandonata di Kaya. Abitata dai Greci fu quasi completamente abbandonata, nel 1920, a causa di un disastroso terremoto. Tre anni più tardi i pochi abitanti rimasti saranno definitivamente cacciati dai Turchi. Tra Turchi e Greci, ancora oggi, non corre buon sangue. I Greci contestano e recriminano il possesso di alcune delle isole più vicine alla Turchia, ma che territorialmente ancora non ne fanno parte. Tra le case, le chiese, le piazze, le irte stradine della città fantasma di Kaya regna il più assoluto silenzio, ma gli utensili e gli oggetti, di vario genere, lasciati in fretta e furia sono gli inconfutabili testimoni della vita che doveva pulsare in queste contrade. 

Il percorso stradale costiero è tortuoso, i monti scendono a picco sul mare facendo da sipario a piccole spiagge appartate e deserte, di sabbia bianca e lucente. Ogni qual volta superiamo un promontorio, il mare cambia di colore passando dall’azzurro al blu, dal verde al turchese. Di tanto in tanto, costeggiando le diverse insenature che incontriamo sulla strada, intravediamo piccole grotte marine. Le spiagge più conosciute sono in genere enormi e, purtroppo, molto turistiche. Oludeniz è una di queste. Peccato, davvero, perché Oludeniz, che significa Laguna Blu, è veramente un luogo da sogno. Si trova in una baia di fronte ad una laguna color azzurro chiusa da un’incantevole cerchia di monti, qui l’acqua salata del mare s’incontra con l’acqua dolce di un lago, ma paradossalmente non si mescolano. Sulle spiagge due cose attirano particolarmente la nostra attenzione: gli insoliti bagni in mare da parte delle donne turche e la massiccia presenza di militari dislocati a presidio, anche, di isolate calette. E’ sbalorditivo vedere sulle spiagge le donne turche prendere il sole e fare il bagno vestite e, addirittura, alcune col chador in testa. Peccato non poterle fotografare. I soldati, invece, non hanno nulla a che fare con l’esotismo orientale, ma con la triste realtà socio-politica locale. I militari proteggono la nostra incolumità poiché soltanto un mese prima i gruppi fondamentalisti e i guerriglieri curdi riprendevano, sfumati gli accordi con il governo turco, la lotta terroristica contro lo stato, prendendo di mira i turisti, essendo costoro una pregiata fonte di reddito. A dire il vero nessuno di noi non solo ha mai avuto, ma neanche avvertito, alcun momento di pericolo. 

A Patara, una spiaggia di 22 chilometri di sabbia finissima, ci accoglie un mare molto mosso e un forte vento. In questa zona della Turchia le spiagge sono prive di bagni privati. Se è vero che si possono godere pienamente così come sono, vale a dire senza gli sdrai e gli ombrelloni, è altrettanto vero che mancano i servizi di guardia spiaggia e salvataggio. Fate quindi attenzione quando fate il bagno! Una curiosità da ricordare per gli appassionati di mitologia: il dio Apollo nacque sulla spiaggia di Patara.

Dall’attraente villaggio di Kalkan in poi proviamo e tastiamo personalmente il grave problema dell’acqua. Non siamo in pieno deserto del Sahara eppure l’acqua qui è altrettanto preziosa. Aggiungeteci giornate di caldo insopportabile, la stanchezza del viaggio, il sudore e la sete e capirete i disagi sopportati. Nelle città di questo tratto di costa l’acqua è centellinata e, come se non bastasse, è bollente. Per averne di tiepida bisogna aspettare fino a notte fonda. Di solito, comunque, gli alberghi forniscono secchi d’acqua fresca per lavarsi.

Mare, mare sempre mare, spiagge, spiagge e ancora spiagge… molte però irraggiungibili. Bisognerebbe noleggiare una barca, ossia un caicco. E’ possibile farlo in uno qualsiasi dei paesi che s’affacciano sul mare. La vacanza in caicco, sulle acque limpide del mare turco, è oggi ancora un lusso. Si può optare, allora, per delle escursioni giornaliere in barca per raggiungere almeno alcuni di questi angoli paradisiaci. Noi ci accontentiamo, si fa per dire, di raggiungere quelle via terra anche se spesso occorre affrontare impervi sentieri o, come per la spiaggia di Kaputas, una lunga serie di gradini.

Muovendoci sempre verso est visitiamo uno dei teatri romani meglio conservati al mondo grazie l’ottimo materiale usato, al poderoso rafforzamento selgiuchide e ad un recente accorato restauro. Stiamo parlando del teatro di Aspendos, costruito nel lontano 170 d. C. e capace di contenere 20.000 spettatori. Vi si svolge anche oggi un’importante stagione musicale e teatrale. 

Poco distante si trova Manavgat. La città, come pure le escursioni nei suoi immediati dintorni, si riveleranno una gran delusione. Trascorriamo un’intera giornata su un battello, completamente a nostra disposizione, affittato per andare a vedere le tanto pubblicizzate cascate del fiume Manavgat, ma rimarremo assai delusi di fronte ad un "piccolo salto" d’acqua. D’altronde siamo nella stagione sbagliata. Scopriamo sul delta del fiume un gruppo di palafitte diroccate. La gente che vi abita vive in condizioni di estrema miseria, tuttavia in alcune non manca la televisione e in altre, addirittura, il box per la macchina. Al ritorno, risalendo il fiume, ci fermiamo a fare amicizia con un gruppo di bambini e diventiamo occasionali spettatori di una gara di tuffi dagli alberi, i cui rami fanno da trampolino.

Lasciamo la squallida e poco accogliente Manavgat per raggiungere Alanya dove assisteremo ad un indimenticabile tramonto dall’alto della fortezza bizantina, arroccata su di un promontorio. Durante la visita ci soffermiamo a contemplare il magnifico panorama che si spiega dalla "torre dei sacrifici". I battelli, in basso, sul mare, sembrano canotti, le case hanno dimensioni lillipuziane. Da questa torre venivano gettati i condannati a morte ai quali però non veniva negata un’ultima possibilità per salvarsi. Costoro dovevano riuscire a gettare una pietra in mare, ma destino volle che nessuno mai vi riuscì e mai fu graziato. Alanya è il nostro capolinea sulla costa. Da qui invertiamo il nostro senso di marcia dirigendoci d’ora in avanti verso nord, sull’altopiano anatolico, prima, e la Cappadocia, dopo. 

Il mare di Turchia, per lo meno quello della costa turchese, è stato per tutti noi una vera sorpresa. Le innumerevoli baie si prestano a tutte le attività, da quelle ideali per nuotatore in acque tranquille e sicure, ad altre ottimali per praticare il surf, altre per lo snorkelling, altre ancora semplicemente per rilassarsi sulla sabbia e godere dei raggi del sole e abbronzarsi in ambienti genuinamente naturali. Passerò, forse, per un promotore dell’ufficio turistico della Turchia, ma per gli amanti del sole, delle spiagge e del mare questo è un piccolo paradiso!

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