"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Patagonia: Parque Nacional Los Glaciares

03.11.2002 23:59

Al "Parque Nacional los Glaciares" tutti noi ci aspettiamo di vedere una sorta di "Antartide" in miniatura, un paesaggio d’imponenti ghiacciai e grandi iceberg. Sebbene le dimensioni degli uni e degli altri sono assai più ridotte rispetto a quelli dell’Antartide, la somiglianza sarà palpabile e l’appellativo di "piccolo Antartide" è assai indovinato, specie per coloro che decideranno di compiere la traversata dello Hielo Patagonico Sur. Noi ci accontenteremo di ammirare il più turistico Parco dei Ghiacciai, in grado, in ogni caso, di accontentare anche i viaggiatori più esigenti.


Per contemplare tutto questo puntiamo la nostra auto verso nord, in direzione di El Calafate base di partenza di tutte le escursioni per il "Parque Nacional Los Glaciares".

Lasciamo le Torri del Paine e attraversiamo la frontiera, tra Cile ed Argentina, a Cerro Castillo, dove facciamo carburante presso l’unico benzinaio del paese. Il distributore è curioso perché è sistemato all’interno di un gabbiotto di legno che funge anche da ufficio. Qui accade che l’addetta al rifornimento distrattasi a parlare con noi altri si dimentica della pompa con il risultato che c’imbratta l’auto di benzina. Così nel trasferimento ad El Calafate oltre alla onnipresente polvere delle strade patagoniche ci accompagnerà un odore nauseabondo di idrocarburi raffinati. Percorsi una decina di chilometri siamo a Cancha Carrera il posto di confine argentino. Qui imbocchiamo la mitica ruta 40, la quale però è interrotta a Tapi Aike. Ci tocca, quindi, fare una deviazione fino ad Esperanza che comporta un notevole allungamento di strada. A Esperanza la strada diventa improvvisamente asfaltata, Ila, in quel momento al volante, si lascia prendere dalla via tornata bella ed istintivamente cerca di recuperare il tempo perduto schiacciando il piede sull’acceleratore, ma dopo soltanto cinque chilometri è costretta a compiere un’improvvisa frenata per evitare una grossa buca proprio in mezzo alla strada. Ci accorgiamo ben presto che, seppur asfaltata, la strada è piena di buche profonde e pericolose, non solo, di tanto in tanto torna ad essere, anche se per poche centinaia di metri, sterrata. L’andatura cala nuovamente. E’ prudente mantenere una velocità moderata. Quando arriviamo ad El Calafate le lunghe ombre del pomeriggio inoltrato si stendono davanti a noi.

L’indomani, il nostro programma prevede un’escursione a piedi sul ghiacciaio del Perito Moreno, ma ci alziamo col cielo coperto. Scende una pioggia fine, a tratti insistente e fastidiosa. Non riusciamo a deciderci su cosa fare. "Ma perché dobbiamo sempre raggiungere o fare qualche cosa? Per una volta, non possiamo goderci e vivere la bellezza del Perito Moreno dalle passerelle, costruite per ammirarlo, senza doverlo necessariamente attraversare?" dice saggiamente Mavi. Decidiamo, quindi, di effettuare l’escursione al Moreno (che oggi visiteremo dalle passerelle) nella giornata di domani, sfruttando completamente le ore di luce, dato che il sole tramonta alle ore 21.40, e confidando in un tempo migliore. Ci concediamo, così, un giorno di relax, avanti e indietro lungo avenida del Libertador General Josè de San Martin, principale arteria di El Calafate. Entriamo ed usciamo dai negozi che costeggiano la via. Batik, magliette, pile, ma soprattutto liquore e marmellata di calafate, il frutto simile al mirtillo da cui prende nome la città. Nel nostro gironzolare, su e giù, ci fanno costantemente compagnia i deliziosi aromi di asado. Il sapore della carne sulla griglia ci fa’ venire l’acquolina e nonostante siano solo le 18.00 del pomeriggio già pregustiamo il sapore della cena.

Abbiamo, come al solito, i giorni contati, non possiamo più permetterci cambiamenti di programma. Domani indifferenti alle condizioni atmosferiche effettueremo le escursioni previste. Siamo fortunati! Il sole splende alto in cielo quando partiamo alle 07.00 da El Calafate per Puerto Bandera dove ci imbarcheremo per la navigazione sul lago Argentino.

La maggior parte degli escursionisti si accomoda all’interno del catamarano. Noi restiamo in coperta indifferenti al forte e gelido vento che ci fa’ capire che se non siamo in Antartide, fuori dai confini del mondo, siamo pur sempre, in Patagonia, ai confini del mondo. A prua imbacuccato nel mio giubbotto, con la cuffia ben tirata sulle orecchie e l’inesorabile goccia che cola dal naso, scruto l’orizzonte dell’immenso lago. Voglio essere il primo ad avvistare un iceberg. Quando sono ormai in procinto di lasciar perdere e sedermi al fianco di Mavi e Ila, accovacciate al riparo dal vento sotto le pareti della cabina di comando, intravedo un puntino bianco galleggiare in lontananza, alla fine del brazo norte del lago. Cinque minuti dopo quel punto diventa un ben definito iceberg. Il capitano annuncia al microfono l’avvistamento di un témpanos, così come chiamano qui gli iceberg, e il ponte è invaso dagli altri turisti. Mentre da vicino fotografo il gigantesco blocco di ghiaccio alto una decina di metri e largo altrettanti mi chiedo se arriverà mai a depositarsi sulla costa opposta come a volte succede quando gli iceberg sono tanto grandi. Man mano che ci avviciniamo ai fronti dei ghiacciai vedremo apparire molti témpanos per la maggior parte piccoli e soltanto pochi grandi. Nel corso dell’escursione visiteremo il fronte di tre ghiacciai nell’ordine lo Spegazzini, l’Onelli e l’Upsala, il primo e l’ultimo, in particolare, sono delle vere e proprie fiumane di ghiaccio che scendono nel lago dalle vallate della cordigliera. Il ghiacciaio Seco, il primo che avvistiamo, si distingue perché a dispetto degli altri non raggiunge l’acqua.

Dopo un'ora di navigazione appare il ghiacciaio Spegazzini. Da lontano, assomiglia ad un enorme serpente bianco che scende sinuoso dalla montagna per immergersi nelle acque del lago. Durante la perlustrazione assistiamo allo spettacolare distacco di un pinnacolo dal ghiaccio. Il rumore è catastrofico le conseguenze fortunatamente no, ma lo stesso l’imbarcazione oscillerà per qualche minuto.

Raggiungiamo il ghiacciaio Onelli dopo una breve escursione di una ventina di minuti in mezzo ad un bosco di piante di lenga. Qui più del fronte del ghiacciaio è la laguna ad attirare l’attenzione. La piccola laguna si sta sgelando. Davanti alla bahia Onelli, lontano da città e villaggi, isolato, seduto su una roccia, trascorro una buona ora consapevole dell’unicità della situazione. In questo luogo dove la vita sembra scorrere uguale come in tempi remoti mi godo questa selvaggia bellezza. C’è un grande silenzio. Sono attirato dal paesaggio che solo ora riesco ad assaporare pienamente nella sua grandiosità. Spazio e silenzio sono particolari, quasi irreali.

Infine giungiamo al ghiacciaio Upsala, un campo di ghiaccio galleggiante formato da tanti iceberg, piccoli e grandi. Quel che stiamo vedendo è di una grandiosità, d’una bellezza e magnificenza tale che la mia penna non è capace di descrivere. Mi sembra davvero di essere in chissà quale mare polare. Il catamarano sbatte di continuamente contro piccoli ostacoli di ghiacciati, con rumori più meno assordanti che a volte incutono timore. Alcuni témpanos sembrano veleggiare sospinti dal vento e dalle correnti, altri sono completamente immobili. Tutti indistintamente hanno forme bizzarre e colori freddi. La massiccia presenza di blocchi di ghiaccio c’impedisce di raggiungere il fronte del ghiacciaio nonostante i vani tentativi dell’imbarcazione di avanzare. L’Upsala è il maggiore dei ghiacciai periferici dello Hielo Patagonico. Misura 60 km di lunghezza e 12 km di larghezza, mentre il fronte è di 4 km. 

La bella giornata incomincia a rovinarsi, abbiamo così modo di apprezzare delle nuvole molto frequenti in Patagonia le cosiddette "Contessa dei venti" ossia una sovrapposizione di nubi lenticolari

Rientrati a Puerto Bandera saliamo subito sull’auto per raggiungere, dopo 70 chilometri di strada sterrata, il più famoso e conosciuto dei ghiacciai della Patagonia, ossia il Perito Moreno che s’immerge nel brazo Rico del lago Argentino. La notorietà del Moreno si deve al fatto che è l’unico ghiacciaio in fase di avanzamento sulla terra e per l’altezza del suo fronte che raggiunge gli ottanta metri al di sopra dello specchio d’acqua del lago.

Vi giungiamo all’imbrunire. Vista l’ora tarda e l’assenza di turisti, il ghiacciaio conserva intatto l’intrinseco incanto della natura selvaggia. Il ghiacciaio brontola in continuazione, sembra vivo. L’effetto è dovuto ai continui crolli, interni ed esterni, dei blocchi di ghiaccio i quali, cadendo, provocano dei tonfi spettacolari. I rumori si sposano perfettamente ai sogni, di speranze e di avventure, che trasmettono le guglie del ghiacciaio, solo all’apparenza aspre e desolate, ma armoniose se confrontate all’ambiente e al paesaggio circostante che trasudano di magia. In questo spazio primordiale, mi sento per la prima volta uno spirito davvero libero.

Risalito in macchina, sulla strada del ritorno, mi vedo riflesso sul finestrino. Il mio viso è trascurato, la barba folta, gli occhi stanchi, per la lunga giornata, ma luminosi per le bellezze naturali contemplate. Fisso l’alambrado, il recinto di fil di ferro presente dappertutto sui terreni patagonici e per una volta non vedo ciuffi gialli né pecore addossate su miseri cespugli. Gli occhi sono ancora pieni del bianco accecante della lunga giornata trascorsa in mezzo ai ghiacci del "Parque Nacional los Glaciares": luogo dove lo spirito si nutre della grandezza del paesaggio, la libertà si fa ghiaccio immenso e il vento scuote l’anima…
 

—————

Indietro