"Reportage di Viaggio" è la raccolta dei viaggi organizzati da Socchi Adriano, titolare dell'agenzia CULTURE LONTANE


Winter Expedition 4x4 "Thi Ring Road": da Keflavik a Egilsstadir

03.03.2004 18:49

L'Islanda… un luogo atemporale dove si è conservato un frammento di paesaggio di un tempo che fu.


Un viaggio in questi arcani scenari naturali lo sognavo da sempre e sapevo che un giorno sarebbe arrivato il momento in cui sarei partito, mai però immaginavo di andarci in inverno. L'occasione si presenta quando si aggregano, a me e Mavi, altri "due pazzi" come noi. Paola, socia dell'azienda responsabile del nostro sito internet, la quale si dimostra fin da subito decisa e convinta a partecipare all'avventura. Nel corso del viaggio si contraddistinguerà per la sua "verve" di bevitrice tanto da essere soprannominata "grappa Piave". Cristiano, esuberante e brioso collega di lavoro di Mavi, un tipo sciolto, sarà, invece, il re indiscusso delle nostre serate islandesi per via dei succulenti pasti che amerà prepararci. 

Alcuni mesi prima della partenza inizio a preparare scrupolosamente il difficoltoso progetto di viaggio. In questo periodo mi resi conto di conoscere l'Islanda in modo superficiale, più per i luoghi comuni che la identificano che non per le sue reali caratteristiche. Mi documentai, innanzi tutto, sulle ore di luce e le condizioni delle strade. Verificato che il sole sorgeva alle 8.30 e tramontava alle 19.00, concedendoci ben undici ore di chiaro, e che la "Ring Road", salvo improvvise bufere di neve, era percorribile, non rimaneva che preparare l'itinerario. Il viaggio era fattibile! Obiettivo compiere il periplo dell'isola percorrendo la Strada Circolare che l'attraversa - la statale 1 - (la "Ring Road" appunto), la quale fu completata soltanto nel 1970. 
Le informazioni acquisite sulle guide e quelle prese dai resoconti dei vari reportage di viaggio non mi sono servite a molto essendo, per lo più, inerenti a descrizioni di viaggi estivi. Durante le letture una domanda, in particolare, mi aveva colpito, quella che uno, tra i tanti autori, rivolge a se stesso, il quale testualmente scriveva: "… tutti ci chiediamo come sarà l'inverno, ma non credo che ci sia mai dato scoprirlo, non di persona almeno! Abbiamo trovato strade chiuse, brutto tempo e freddo ad agosto… figuriamoci a febbraio!"

L'Islanda in qualsiasi modo si avvicini rappresenta di per sé una sfida, tanto più d'inverno. Questo è vero, ma oggi con l'aiuto delle super-jeep, speciali veicoli equipaggiati in modo particolare e in grado così di percorrere anche le calotte glaciali, sono possibili spedizioni anche in inverno, così i tour vanno diffondendosi anche in questo periodo dell'anno. Un buon fuoristrada, come nel nostro caso, è sufficiente per percorrere la "Ring Road". Un Gran Vitara 4x4, dotato di pneumatici larghi e nuovi, ma soprattutto con delle gomme ben chiodate, è il mezzo di trasporto da noi utilizzato. 

L'inverno aggiunto alla naturale bellezza dell'isola rende il viaggio ancor più speciale. Il paesaggio regna solitario, remoto e selvaggio com'è in questa stagione. Tutto ciò, oltre a dare la sensazione di stare veramente facendo un'impresa, offre l'occasione unica di assaporare le bellezze islandesi, nella più assoluta solitudine. Un tour, quindi, ben diverso da quelli estivi, ci sono meno ore di luce, ma tanti, tanti meno turisti, anzi proprio non se ne incontrano e così i luoghi da visitare sono deserti. Rammento, ancora, l'impegno messo nello scattare le fotografie come se dovessi immortalare le meraviglie Islandesi per l'ultima volta, prima che diventasse troppo tardi farlo. Nelle foto scattate alla laguna di Jökulsárlón e come se nessun'increspatura avesse mai mosso la superficie dell'acqua e nella penisola di Reykianes nessun piede avesse mai calpestato i campi di lava ricoperti di muschi. Questa è l'emozione che si prova e vive visitando l'Islanda in inverno. La sensazione di essere degli esploratori e, per una volta tanto, non turisti. Un viaggio d'altri tempi con tutto ciò che un'avventura del genere comporta in termini d'imprevisti.

Arriviamo a Keflavik e subito l'Islanda si presenta: tempo cupo, una leggera fastidiosa pioggia e l'incessante ululare del vento, in aperta contraddizione con l'insegna di benvenuto dell'aeroporto che all'incirca pubblicizzava: - teniamo il sole accesso sulle vostre vacanze 24 ore su 24. -
Eppure proprio queste condizioni sono le più adatte per immergersi nelle calde acque della Blue Lagoon, di per sé già molto suggestiva, lo è ancor di più con il cattivo tempo. La Laguna Blu è un'enorme pozza d'acqua alimentata dalla centrale idroelettrica di Svartsengi e riscaldata dal sottosuolo lavico. L'acqua ha un colore celeste per via del fango di silice, bianco e limaccioso, che è depositato sul fondo della laguna. A causa del freddo le nuvole di vapore che s'innalzano dalla vasca sono particolarmente maestose, tanto da non far intravedere neppure l'adiacente struttura. La Blue Lagoon è un'esperienza unica, assolutamente da non perdere! In quale altro posto potrete tranquillamente sguazzare, in una scenografica piscina da "saga", interamente circondata da campi lavici, in costume da bagno, con una temperatura di zero gradi e sotto la pioggia? 
Lasciamo la prima delle tante meraviglie naturali per andarne a vedere altre raccolte in quello che è chiamato "il circuito d'oro" A Grindavik imbocchiamo prima la strada 427 e, poi, la 42 che attraversano la penisola di Reykianes. Si tratta di strade sterrate e nerissime per via del suolo vulcanico. Serpeggiano, infatti, tra distese di lava ricoperte da un irreale manto verde di soffice muschio e spessi licheni.
Arrivati a Hverageroi la strada ritorna asfaltata e c'immettiamo nel "circuito d'oro". La prima attrazione che incontriamo, ovviamente naturale, è il cratere di Kerið, profondo una cinquantina di metri e con un diametro di cento. All'interno il lago è completamente ghiacciato, le pareti hanno tonalità nere, rosse, verdi, marroni e gialle. Superiamo la diocesi di Skalholt e giungiamo poco prima che tramonti il sole alle cascate di Gullfoss, la maggior attrazione turistica di tutta l'Islanda. La caratteristica, oltre all'enorme massa d'acqua, è un doppio salto, il secondo dei quali si getta in uno spaventoso canyon profondo 70 metri.
Sette chilometri più a sud c'è Geysir un territorio pieno di sorgenti da cui sgorga acqua calda. Qui si può assistere, all'incirca ogni dieci minuti, all'eruzione dello Strokkur che spara getti di vapore fino ad un'altezza di 30 metri. Lo spettacolo è visibile già da lontano lungo la strada, ma quando arriviamo è ormai buio, visiteremo il campo geo-termico di Geysir, da cui ha origine la parola internazionale "geyser", l'indomani. All'alba, ossia alle 08:30, assistiamo a tre eruzioni di vapore dello Strokkur e osserviamo da vicino delle pozze in cui l'acqua bolle a tal punto da creare piccoli zampilli alti dieci, venti centimetri come nel caso del geyser di Litli. Lasciamo Geysir diretti a Pingvellir. La strada n° 365 è sbarrata da una transenna con un indicativo ed emblematico cartello: "closed". Indifferenti dell'avvertimento proseguiamo, ma dopo alcuni chilometri siamo costretti a ricrederci e fare marcia indietro. Cumuli di neve c'impediscono di continuare. Siamo allora costretti, per arrivare a Pingvellir, a prendere la statale n° 36, che volevamo evitare, in quanto la deviazione comporta un notevole allungamento. Pingvellir, un po' deludente, è un luogo roccioso di primaria importanza per gli Islandesi. Qui fu istituito nel lontano 930 d.C. l'Alping, il primo parlamento islandese. Vale la pena percorrere il sentiero che si sviluppa nella gola dell'Almannagjà, se non altro per avere la suggestione di camminare lungo la fossa tettonica che annualmente separa di pochi millimetri il continente americano da quello europeo.
Continua a piovere in maniera imperterrita e lasciata la zona del "circuito d'oro" ora, lungo la strada, non incontriamo nessun mezzo e la metafora di cui spesso s'abusa "non c'è anima viva" nel nostro caso non è assolutamente un eccesso! Lo scroscio della pioggia insieme al rumore del motore del nostro 4x4 è interrotto, per ben due volte e nel breve tratto di qualche chilometro, dal frastuono di due potenze della natura, la cascata di Seljalandsfoss e Skógafoss, visibili già dalla Ring Road. Alla prima ci avviciniamo andandoci ben sotto incuranti degli spruzzi d'acqua essendo già bagnati fradici. In quella di Skógafoss risaliamo il ripido e breve sentiero che la costeggia per osservare il getto dall'alto. Se l'altezza delle cascate non è rilevante, la più alta, quella di Skógafoss, misura 60 metri, la portata d'acqua è, invece, impressionante. Si capisce il significato d'energia inesauribile della natura e forza della natura. Prima di giungere a Vik una deviazione sulla strada 218 ci conduce, dopo una decina di chilometri, alle scogliere di Dyrhðlaey le cui pareti precipitano per più di 100 metri a picco sul mare. Stiamo in silenzio ad osservare il pauroso mare in burrasca le cui onde arrivano a lambire le scogliere. L'acqua ritraendosi dalla spiaggia nera lascia una schiuma bianca presentando una scena che sembra irreale. A Vik, il paese più meridionale dell'Islanda, siamo avvolti dalla nebbia cosicché dobbiamo rinunciare alla camminata che conduce al belvedere dei tre faraglioni.
La monotonia è rappresentata dalla solitudine e dall'isolamento, la strada continua ad essere una nostra esclusiva e dire che è come se stessimo percorrendo l'autostrada Milano - Roma, tuttavia il paesaggio cambia continuamente. Ora stiamo attraversando una vasta area piana caratterizzata da sabbia, ghiaia e sassi il "Sandur", che sarà la caratteristica paesaggistica fino oltre la laguna di Jökulsárlón. 

Trascorriamo la notte alla fattoria Efri-Vik, a Kirkjubaejarklaustur. Seguiamo con attenzione le previsioni del tempo, le quali neanche a dirlo sono brutte. - I primi giorni saranno contraddistinti da tre agenti atmosferici: cieli grigi, pioggia battente e forte vento. - Brutto tempo, quindi, tanto brutto che siamo pervasi da un senso d'incombente tragedia. Al mattino, ormai non è una novità, le nuvole basse limitano la visibilità tanto che ci accorgiamo di essere in prossimità del Vatnajökull soltanto quando vediamo sul ciglio della strada il pilastro di uno dei tre ponti della Strada Circolare distrutti dalla piena creatasi dall'eruzione del Gjálp nel 1996. Il governo islandese, a testimonianza di altri prossimi e sinistri disastri causati dalla forza della natura, ha pensato di lasciarlo qui.
Al Parco dello Skaftafell avvistiamo finalmente il ghiacciaio. Una bufera di pioggia e vento c'impedisce di compiere le due ore di marcia necessarie per raggiungere il fronte del ghiacciaio di Skaftafellsjökull e la cascata di Svartifoss decidiamo allora di andare a vedere il fronte del ghiacciaio di Svinafellsjökull, ma sarà il lago glaciale di Jökulsárlón, cosparso di iceberg provenienti da uno dei fronti del Vatnajökull, ad entusiasmarci. Assistiamo davanti a questi iceberg, che galleggiano nella parte della laguna più vicina al mare e sono, invece, imprigionati nel ghiaccio nella zona prossima al fronte del ghiacciaio, ad uno spettacolo che non sembra appartenere a questo mondo. Gli iceberg della laguna brillano di mille tonalità: bianchi, grigi, azzurri, blu e verdi. Tutti noi proviamo un'emozione vera nei confronti della natura ed entriamo in totale sintonia con essa. Posso quasi affermare che la si ascolta veramente. Superato il ponte della Ring Road che attraversa la laguna, subito dopo svoltiamo a sinistra, guadiamo un piccolo torrente e costeggiamo la laguna fin dove le condizioni del terreno lo permettono. Scendiamo dal fuoristrada e ci avventuriamo a piedi sul lago completamente ghiacciato dove sbucano come funghi gli iceberg. Come in ogni luogo straordinario che visito tiro fuori la bandiera di Culture Lontane per immortalare la scena.
Continuiamo la nostra marcia sulla Ring Road ed arriviamo a Höfn. Nell'ostello completamente a nostra disposizione, approfittiamo del pomeriggio per risistemarci i bagagli e far asciugare la roba fino ad ora utilizzata. L'idea di passare una serata fuori a bere una birra è immediatamente abbandonata dopo un breve giro. Le strade sono deserte e gli unici due pub del paese sono vuoti. Ci domandiamo in che posto siamo finiti. Il giro serale a Höfn è una delusione. 
A Breiðdalsvik troviamo la Ring Road interrotta così siamo costretti a proseguire per Egilsstadir lungo la strada n° 96 e costeggiare i fiordi di Fáskrúðsfjörður e Reyðarfjörður. La strada è tortuosa, sterrata e fangosa. La deviazione, tuttavia, ci permette di assistere a scene caratteristiche dell'Islanda invernale come quelle di piccoli porti le cui acque del mare sono ancora parzialmente ghiacciate. Alla fine della giornata, dopo aver assaporato per quattro giorni nient'altro che paesaggi in ogni momento del giorno, ci riemergiamo nell'atmosfera urbana, quando arriviamo a Egilsstadir che conta circa 1.800 abitanti ed è la città più grande finora incontrata. 

Asperità, masse di roccia lavica, sorgenti geotermali, licheni e muschi, ghiaccio, drammaticità del tempo e l'impetuosità delle acque. Credo che in nessun'altra parte sulla terra c'è un luogo che esprima chiaramente il sentimento per il paesaggio, come l'Islanda - luogo ideale per apprendere la natura. - Siamo soltanto a metà viaggio e già comprendiamo perché è definita "Terra del fuoco e del ghiaccio" in quanto sono le due forze della natura che la costituiscono e la modellano. L'Islanda rivela la magia della natura esprime chiaramente il sentimento che ho per la vita con la bellezza del suo incomparabile paesaggio, il quale si presenta inalterato dall'uomo. La natura qui non ha subito raggiri da parte dell'umanità… e tutto questo si percepisce maggiormente e soprattutto in inverno!

—————

Indietro